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Privacy a rischio: cosa accade davvero quando accettiamo i cookie

Posted on Giugno 11, 2025

Apri un sito. Ti appare una finestra. “Questo sito utilizza i cookie per migliorare la tua esperienza. Accetti?”
Senza pensarci troppo, clicchi “Sì, accetto”. Magari stai cercando una ricetta, o vuoi leggere un articolo. Il messaggio è solo un fastidio da chiudere in fretta per accedere ai contenuti.

Ma quel clic ha appena autorizzato il sito – e una lunga lista di aziende terze – a raccogliere, tracciare e vendere informazioni su di te. Non solo su ciò che fai in quel momento, ma anche su quello che hai fatto prima, e su quello che potresti fare dopo.

Nel 2025, l’ecosistema dei cookie non è più una questione tecnica per sviluppatori o pubblicitari: è una questione di libertà personale, di diritti e di potere. Perché quando accetti i cookie, non stai solo permettendo a un sito di funzionare meglio. Stai dando inizio a una trattativa silenziosa, in cui il prezzo è la tua privacy.

I cookie non sono più solo tecnici: ecco cosa succede davvero

In teoria, i cookie sono nati per rendere la nostra esperienza di navigazione più fluida: ricordare le preferenze, tenere in memoria l’accesso, salvare un carrello virtuale. E alcuni cookie fanno ancora solo questo. Sono i cosiddetti cookie tecnici, e sono spesso indispensabili per il corretto funzionamento di un sito web.

Ma accanto a loro esistono i cookie di tracciamento, o cookie di profilazione, che servono a uno scopo completamente diverso: raccogliere informazioni sul comportamento dell’utente per fini di marketing, analisi e targeting pubblicitario.

Questi cookie vengono utilizzati da reti pubblicitarie per monitorare i tuoi movimenti da un sito all’altro, riconoscere il tuo dispositivo, associare le tue visite a preferenze e abitudini, e mostrarti contenuti personalizzati. L’intelligenza artificiale e il machine learning sono spesso coinvolti in questa profilazione, al punto da poter predire i tuoi interessi futuri sulla base di quelli attuali.

La maggior parte delle persone non si rende conto che, quando clicca su “accetta tutti i cookie”, sta consentendo a decine o centinaia di aziende terze di avere accesso ai propri dati. Alcuni siti, specialmente nel settore media, collaborano con oltre 500 partner. Ognuno di questi può ricevere informazioni sul tuo comportamento, e ogni interazione viene usata per aggiornare il tuo profilo digitale.

Questi dati non sono anonimi, ma pseudonimizzati, il che significa che il tuo nome non è visibile, ma è comunque possibile risalire con precisione alla tua identità, incrociando diverse fonti. Una ricerca pubblicata dal MIT ha dimostrato che bastano quattro informazioni generiche per identificare il 90% degli utenti online.

Anche il comportamento “invisibile” viene tracciato. Quante volte hai fermato il mouse su un’immagine? Quanto tempo hai passato a leggere una sezione? Dove hai cliccato, anche se poi sei tornato indietro? Tutto viene registrato. Il tuo comportamento, insomma, non è più privato: è un prodotto analizzato in tempo reale.

E tutto ciò avviene con un’apparente legalità, grazie al fatto che il consenso è stato formalmente richiesto e ottenuto, anche se spesso con interfacce ingannevoli, dette dark pattern, che rendono difficile rifiutare i cookie e troppo semplice accettarli.

La privacy è la vera moneta del web

Nel 2025, la privacy personale è diventata il bene di scambio principale dell’economia digitale. È ciò che consente ai grandi colossi del tech di offrire servizi gratuiti, ai media di sostenersi con la pubblicità, alle aziende di targettizzare il pubblico con una precisione mai vista.

Ogni volta che navighi, entri in un sistema di scambio invisibile. Il tuo profilo viene aggiornato in tempo reale, e i tuoi dati vengono venduti all’interno di un mercato che si muove attraverso l’automazione pubblicitaria. Questo sistema si chiama Real-Time Bidding (RTB): ogni volta che carichi una pagina, una vera e propria asta avviene in meno di 200 millisecondi, dove i tuoi dati vengono valutati per determinare quale inserzione ti verrà mostrata.

E questa pratica non si limita alla pubblicità. Oggi, molte aziende – anche fuori dal web – utilizzano dati comportamentali per determinare l’accesso a prodotti, sconti, offerte e perfino servizi finanziari. Ciò significa che due utenti possono ricevere trattamenti completamente diversi, pur visitando lo stesso sito o facendo la stessa richiesta. Un utente con un profilo “affidabile” (stabile, con abitudini prevedibili, propenso all’acquisto) vedrà offerte migliori. Un altro potrebbe ricevere prezzi più alti o addirittura essere escluso.

Non si tratta più solo di pubblicità personalizzata, ma di discriminazione algoritmica, spesso invisibile, che crea disuguaglianze sistemiche.

Questo è particolarmente preoccupante in ambiti delicati come:

  • Assicurazioni: i dati sul tuo stile di vita online possono influenzare il premio;
  • Sanità: le tue ricerche mediche possono alimentare un profilo di rischio;
  • Lavoro: alcuni software di selezione usano dati comportamentali per filtrare i candidati.

In altre parole, quello che fai online può condizionare ciò che ti accade offline, anche senza che tu ne sia consapevole.
A peggiorare la situazione, c’è il fatto che gli strumenti di controllo dell’utente sono spesso inefficienti. Anche quando scegli di rifiutare i cookie, molti siti aggirano le preferenze, usando fingerprinting (una tecnica di tracciamento senza cookie basata sulle caratteristiche uniche del tuo dispositivo) o altri sistemi di identificazione.

In risposta, l’Unione Europea ha introdotto strumenti come il Regolamento GDPR e sta lavorando al Regolamento ePrivacy, che dovrebbe rafforzare i diritti degli utenti. Tuttavia, la velocità dell’innovazione tecnologica supera quella della legislazione, lasciando spesso l’utente solo, con strumenti di difesa frammentari e insufficienti.

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